martedì 18 gennaio 2011

Più Consumo, più felicità?

C'era una volta, la "società dei produttori", dotate di regole vincolanti e poteri politici forti. I valori che la governavano erano la sicurezza, la stabilità, durata nel tempo ad esempio il lavoro, la famiglia...
L'attuale società, guidata da un forte relativismo etico, il cui valore supremo è il diritto-obbligo alla "ricerca della felicità", felicità istantanea e perpetua che non deriva tanto dalla soddisfazione dei desideri quanto dalla loro quantità e intensità. Eppure, come afferma Bauman, rispetto ai nostri antenati noi non siamo più felici: più alienati semmai, isolati, spesso vessati, prosciugati da vite frenetiche e vuote, costretti a prendere parte a una competizione grottesca per la visibilità e lo status, in una società che vive per il consumo e trasforma tutto in merce. Ma proprio tutto! Anche i consumatori stessi!


12 commenti:

  1. come non essere daccordo con Baumann, blog interessante vai mis embra un punto di vista che ci voleva

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  2. se penso a tutte le volte che ti si rompe qualcosa, vai dal negoziante e lui non prova nemmeno ad aggiustarla ma ti dice "Le conviene ricomprarsela nuova" capisco che siamo davvero alienati dal consumo a tutti i costi...

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  3. Definizione di Consumismo: atteggiamento volto al soddisfacimento indiscriminato di bisogni non essenziali, alieno da ideali, programmi, propositi, tipico della civiltà dei consumi.
    Vocabolario Devoto-Oli

    La mia risposta alla domanda “com’è nato veramente il concetto di consumismo?” si avvicina a quella data da Werner Sombart anche se credo che il consumismo possa essere nato nell’età comunale che va dal XII-XVI circa e che si svincola da una questione di vendita di beni di lusso per, invece, la nascita dei sistemi economici che sviluppandosi hanno creato le basi di quelli odierni.

    Qui di seguito porto una mia riflessione sulla base di un articolo del sole 24 ore del 20 Gennaio 2011 “L’ideologia del presente” di Massimo Bucchi.
    Bauman, che tu hai citato, afferma che noi tutti siamo […] prosciugati da vite frenetiche e vuote, costretti a prendere parte a una competizione grottesca per la visibilità e lo status, in una società che vive per il consumo e trasforma tutto in merce. Ma proprio tutto! Anche i consumatori stessi!
    Non so se tutto questo possa essere chiamato consumismo ma sicuramente contribuisce alla sua definizione. Inoltre credo sia interessante definirlo come attore principale della globalizzazione e aggiungo, usando le parole di M.Bucchi, che nei processi di globalizzazione una chiave di comprensione per la rapida trasformazione della cultura popolare è nel declino di due “invenzioni” culturali molto potenti che hanno alimentato, sostenendone la crescita, la cultura pop-consumistica.
    La prima invenzione è il concetto di “futuro” come frontiera o terra promessa (il domani, il traguardo a portata di mano). La seconda è la “gioventù”. Numerose riflessioni, oggi, mettono in luce come il futuro stia perdendo rilevanza a fronte di una <> in cui ci troviamo sempre più immersi. James Ballard disse, <>.
    I concetti fin qui descritti non sono estranei alla crescente evanescenza della nozione di condizione giovanile. La diminuzione di costo delle tecnologie contribuisce allo svincolo dal contesto familiare e dal controllo degli adulti. L’unica radio, l’unica tv, il telefono in corridoio si moltiplicano e si spostano negli spazi individuali trasformando radicalmente il senso della propria fruizione, divenendo un rapporto privato e individuale.
    L’affermazione di una società in cui l’uso pervasivo e quotidiano delle “merci” ma soprattutto della tecnologia ha ridefinito la dimensione spaziale e temporale, in cui diviene generalizzata l’immersione in una perenne condizione giovanile in cui ogni desiderio è a portata di mano, ogni decisione reversibile, ogni assunzione di responsabilità differibile, la nozione di età giovanile cessa di esistere in quanto tale come entità distinta e discreta.

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  4. Io credo che il consumo frenetico e spietato non ci rende felici, non siamo più capaci di osservare nulla che ci circonda in modo serio ed esaustivo; ci sono persone che preferiscono alla domenica rifugiarsi dentro ai centri commerciali (cattedrali del commercio) invece, di gustarsi qualche panorama in montagna o in qualsiasi altro luogo, fare attività in compagnia, o esperienze di guppo in luoghi aperti! E invece no!!! Tutti dentro ai centri commerciali a vedere cosa??? Non riesco a capire cosa spinge la massa ad entrare in questi luoghi nelle festività. Non lo condivido sinceramente.

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  5. Caro anonimo,
    doverosa è stata la tua riflessione, soprattutto quando parli del cambiamento che oggi c'è stato sul concetto di "futuro" e "gioventù", che non ha fatto altro che alimentare il consumo e trasformare i prodotti in oggetti prettamente edonistici.
    Concludo dicendo che nonostante la qualità della "vita" aumenti, si è verificato che nelle persone rimane un elevato tasso di insoddisfazione!!

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  6. Ciao Giacomo!
    Concordo nel fatto che il consumo frenetico non ci rende felici...! Eppure molti di noi si rifugiano, come dici tu, nei centri commerciali alla ricerca di una sicurezza che i consumi non possono garantire.

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  7. Il consumo inutile va a compensare dei grandi vuoti affettivi e relazionali dentro presenti in noi. Più si consuma Più si è vuoti.
    Solo ciò che serve vale la pena di essere preso, il resto sono solo illusioni di felicità.
    Libertatario

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  8. Ciao libertatario!

    buona la riflessione "più si consuma più si è vuoti"
    direi: attenzione alle illusioni!!!

    Grazie!

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  9. concordo anche io con quanto detto che il consumo frenetico non ci rende felici, purtroppo però la nostra società è basata su questo...anche se credo che molti siano solo vizi...! Basti pensare al consumismo del Natale e festività varie, si perdono i valori soprattutto...ma cito anche San Valentino dato che ormai è alle porte...XD...!

    Complimenti comunque per il blog :)

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  10. Ciao Alessandra!
    
é vero quello che hai detto a riguardo....in effetti, il consumismo non fa altro che dimenticare i valori e i principi che hanno fondato il nostro modo di pensare e di essere....!
    
Grazie per aver partecipato!

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  11. Credo anchio che ormai l'uomo oltre a essere considerato come un mezzo viene scomposto e considerato come un oggetto. Egli ormai è privo di valori e il marketing con la pubblicità e tutte le aziende che ci stanno dietro, contribuiscono a rendere ogni cosa, ogni aspetto della vita e della società, un oggetto di consumo, da cui le aziende cercano di guadagnare. Tutto sembra girare attorno ai soldi, ma credo che i soldi non siano un valore da coltivare, le aziende dovrebbero capirlo ma anche i consumatori dovrebbero riflettere maggiormente. I valori che ci sono stati tramandati sono le cose più preziose, quindi non gli oggetti e le merci, che possono solo soddisfare in parte i nostri bisogni, perchè alla fine di questi oggetti cosa ci resta???niente il vuoto!

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  12. Ciao Valentina!
    Si è vero tutto è in funzione dell'economia....! Forse ci stiamo dimenticando che gli oggetti hanno la funzione prima di formare, che soddisfare un desiderio...

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